Nel 1992 appare in “The New York Times Book Review” un articolo, The End of Books, sull’evoluzione delle forme letterarie. Lì Robert Coover, scrittore americano, attento critico letterario e sperimentatore di linguaggi innovativi, preannuncia la fine del libro. Il libro –ci fa intendere Coover– non è solo carta e inchiostro, sequenze di parole organizzate; il libro presuppone e impone certi modi peculiari di costruire il mondo: un vedere e un pensare e un organizzare le cose del mondo –eventi, persone, idee, storie– attraverso una logica, quella lineare, inventata dai Greci e tramandata fin dentro ai nostri giorni. Ma nell’era di Internet e del cyberspace il libro, in quanto macchina culturale, ha perso la sua forza. Ora ci sono nuovi modi per dare forma al mondo: l’ipertesto, e una logica non lineare che l’ipertesto impone; questi sono gli strumenti più adeguati per dare concretezza alle esigenze comunicative del futuro.
Con quel breve articolo Coover ha scatenato un dibattito che presto si è infilato in Rete e in Rete è rimasto, aperto, vivo. Così, 7 anni dopo, ci si interroga ancora sul libro e sulla sua presunta morte: l’ipertesto riuscirà davvero a soppiantare il libro? E quali conseguenze avrà sui nostri processi cognitivi la rappresentazione del sapere umano in forma ipertestuale? E che dire del raccontare storie? Come cambieranno le storie? E come leggere storie scritte con il computer e destinate ad essere lette su uno schermo? Come capirle?
Verso la cultura dell’ipertesto
A caccia di risposte proviamo ad accostarci per gradi all’idea della morte del libro. A Subjective Chronology of Literary Hypertext compilata da Stuart Moulthrop, autore di spicco dell’ipernarrativa, è una breve storia degli sviluppi del lavoro creativo nel settore ipertestuale e ipermediale e ci aiuta a identificare gli eventi, letterari e non, che dal 1945 in poi hanno contribuito in modo significativo a trasformare la narrativa classica in quella narrativa ipertestuale che ora troviamo sul Web.
Anche The Libyrinth, ci mostra, pur se indirettamente, l’agonia del libro o, quantomeno, della narrativa a stampa. Navigando nel sito, peculiare e affascinante, scopriamo il lavoro di scrittori di questo secolo quali Joyce, Pynchon, Kafka, Borges, Barth, Robbe-Grillet e Perec. Così ci è più facile capire la loro frustrazione nei confronti di regole compositive imposte dalla pagina stampata e l’ansia di sperimentare nuove forme espressive per trascendere quelle regole.
Ma lasciamoci alle spalle la carta stampata e avviciniamoci all’ipertesto puro. Un buon punto da cui partire è sicuramente la pagina di bibliografia, asciutta ed essenziale, dedicata agli ipertesti http://www.eastgate.com/Bibliography.html.
Per una prima introduzione alla narrativa ipertestuale è invece utile leggere il breve articolo Hypertext Fiction di Scott Rettberg http://authors.miningco.com/library/weekly/aa110198.htm con molti links ad altre pagine di rete dedicate agli ipertesti narrativi. Poca l’elaborazione teorica, ma i concetti di base ci sono tutti e vale la pena di seguirli saltando agli approfondimenti proposti dall’autore.
Di sicuro più impegnativo è il sito di Hyperzones http://www.duke.edu/%7Emshumate/hyperfic.html che raccoglie una quantità notevole di informazioni sugli ipertesti – forse la più completa disponibile sul Web– tanto che si può perdonare a Michael Shumate, curatore del sito, quei links verso altri siti che ci lanciano invece su pagine scomparse.
Se vogliamo approfondire l’aspetto più teorico dell’ipertestualità non possiamo evitare un salto anche al sito della Brown University, http://www.stg.brown.edu/projects/hypertext/landow/cpace/cspaceov.html
probabilmente la prima università al mondo ad accorgersi che l’ipertesto era una cosa seria. È lì che è nato Story Space, uno dei primissimi programmi per la creazione di ipertesti. È lì che in breve tempo si sono trovati a lavorare assieme – in qualità di scrittori, critici, insegnanti– tutti quelli che avevano qualcosa di nuovo da dire nell’ambito della narrativa sperimentale e della critica letteraria. Parliamo di Coover, ma anche di Landow, Bolter, Joyce tutti autori ormai noti e pubblicati, su libri e CD-Rom, anche in Italia.
L’ipernarrativa
Va subito detto che leggere ipernarrativa non è facile, a volte non è neppure piacevole; molti lettori affermano di provare un senso di vertigine e smarrimento. La sensazione è quella di non saper più leggere, di non saper capire ciò che il testo sembra volerci raccontare. Va anche precisato però che non si può far ricadere soltanto sui lettori la colpa di questo disagio. E questo perché se gli ipertesti narrativi su Internet sono molti, molti meno sono quelli che funzionano sul serio, e pochi quelli apprezzabili per le loro qualità letterarie.
Tra la varietà di ipertesti narrativi è facile riconoscere i falsi ipertesti, ovvero le “traduzioni” in testi di Rete di testi nati quando la Rete non era neppure un’idea. In tal senso il progetto Gutenberg http://promo.net/pg/ , che iniziò nel 1971, fa scuola. I testi, tradotti in inglese, sono i “classici” della letteratura mondiale, da Platone a Conrad. Una versione meno ricca, ma tutta italiana, di quel progetto la si trova a http://www.fausernet.novara.it/fauser/biblio/ con opere di autori quali Dante, Boccaccio, Machiavelli, Goldoni, Foscolo, Manzoni, Leopardi, Pirandello. E altri lavori letterari, questa volta raggruppati per nazioni, sono a http://www.daisynet.it/liberliber/servizi/link/index.htm .
Ma certamente queste “traduzioni” non costituiscono il corpo di ipertesti narrativi veri e propri. Cercarli non è difficile: basta rivolgersi ai motori e digitare hyperfiction, hypernarrative, non-linearity, multi-linearity. Più difficile però è scoprire quelli giusti, interessanti, leggibili.
A proposito di dubbia qualità, indichiamo qui solo un sito, Interactive Fiction http://www.mlab.uiah.fi/~akivela/if/zpletx/ , che contiene molti links a ipertesti narrativi “interattivi” del tipo scegli la tua avventura. In quegli ipertesti, tutti strutturalmente uguali, schermate nere attendono comandi del lettore per generare brevi frasi che incitano all’immissione di nuovi comandi. Così ci si muove dentro a uno schematico mondo verbale: vai a nord, a sud; apri la porta, guarda attorno, prendi la chiave. Dopo pochi tentativi si è già stanchi del gioco. Se segnaliamo il sito non è certo per la qualità degli ipertesti lì contenuti; piuttosto, il sito, suo malgrado, è significativo in quanto modello esemplare di un certo modo di fare ipertesti, un modo che privilegia l’interazione sacrificando quasi totalmente contenuti e stile.
Molti, forse troppi, sono sul Web gli ipertesti di questo tipo. E l’aggiunta di artifici grafici alla componente verbale generalmente non cambia le cose. Quasi sempre siamo davanti a presunti ipertesti che provano a mascherarsi da ipertesti veri; sono testi in cui l’insieme di rimandi ipertestuali è completamente accessorio ai fini della storia. Nonostante le apparenze, le trame risultano lineari, né più né meno di come lo sono le trame dei libri stampati; e per quanto riguarda lo stile, be’, spesso è meglio non parlarne.
Certamente più interessanti sono altre ipernarrazioni, quelle autentiche e rarissime. Quando funzionano sono scatole nere misteriose e affascinanti che fanno propri gli assunti elaborati in sede teorica, costruiscono un fitto reticolo di rimandi avanti e indietro e attraverso il testo. Annullano il tempo e lo spazio narrativo a cui siamo abituati. È leggendoli che scopriamo il disagio, e ci troviamo a confrontarci con i nostri limiti di lettori formati sui testi a stampa. Pure, lo si intuisce, il leggere quegli ipertesti narrativi diventa anche una sfida lanciata ai segreti di una forma espressiva che è nuova sul serio, e una sfida lanciata alla nostra intelligenza, alla curiosità.
Alcuni di questi ipertesti si possono acquistare da Eastgate, http://eastgate.com una delle pochissime case editrici multimediali che ha fatto della pubblicazione su CD-Rom di ipertesti critici e narrativi di qualità più una questione di amore che di business.
Altri autori di ipertesti significativi li troviamo in Rete. Non sono molti, ma comunque troppi per nominarli tutti; ci limitiamo a ricordare i più noti, i più letti, i più discussi, i più complessi. Prima di tutto Michael Joyce, riconosciuto internazionalmente come uno dei migliori narratori ipertestuali; anche a voler trascurare gli aspetti puramente strutturali dei suoi ipertesti (cosa comunque da non fare), ci troviamo davanti a pagine di buona qualità letteraria. Un’esperienza non comune. La sua Homepage è a http://iberia.vassar.edu/~mijoyce/. Qui troviamo links per molti dei suoi scritti on-line. Vale la pena di visitare anche Twelve Blue http://raven.ubalt.edu/guests/twelveBlue/ una delle sue ultime opere, dove Joyce coniuga parole e immagini in una fitta tessitura suggestiva e poetica.
Altro autore importante è Stuart Moulthrop. La sua Homepage con links ai suoi lavori è a http://raven.ubalt.edu/staff/moulthrop/, mentre Hegirascope2 http://ebbs.english.vt.edu/olp/newriver/3/HGS2/Hegirascope.html mostra un complesso progetto ipertestuale, a detta dello stesso autore, una forma di “narrativa fratturata che offre una struttura priva di ordine”.
Da non dimenticare Alt-X Online Publishing Network
http://www.altx.com/index2.html, uno dei siti più all’avanguardia nel settore dell’ipertestualità. Il sito è creato e curato da Mark Amerika, altro scrittore-sperimentatore (in Italia conosciamo il suo “Sangue sessuale”, un libro di carta pubblicato dalla Shake) che si impegna soprattutto nella ricerca e nello sviluppo di nuove modalità espressive attraverso l’ipertesto. Il Grammatron Project, http://www.grammatron.com/ dello stesso Amerika, mostra in pieno cosa si può fare con gli ipertesti quando questi sono in mano alle persone giuste.
Infine, un’ultima indicazione per chi, dopo tanti richiami alla lettura di ipertesti narrativi, volesse cimentarsi in prima persona nella pratica dello scrivere. Il sito da visitare è WebWriters http://www.info-net.it/webwriters/ . Lì scrittori e lettori italiani possono incontrarsi per sperimentare nuove forme di scrittura ipertestuale e partecipare assieme allo sviluppo di storie per il Web.
Per chiudere il cerchio aperto all’inizio, ora chiediamoci di nuovo: il libro è morto? La cultura ipertestuale ha già soppiantato quella fondata e sviluppata sul libro? La risposta è incerta. Forse sì. Forse non ancora. Forse assisteremo a una corsa parallela, libro e ipertesto insieme a comporre un sapere multiforme. Di sicuro la creatività modulata attraverso gli ipertesti non ha ancora acquisito sufficiente maturità espressiva. Così ci sembra giusto concludere con le parole di Miguel Angel Garcia, scrittore egli stesso di libri e ipertesti, in una sua intervista rilasciata sul sito Mediamente http://www.mediamente.rai.it/english/bibliote/intervis/g/garcia.htm
“L'estetica dell'ipertesto – ci dice Garcia– è in costruzione; la bruttezza prevale ancora sulla bellezza. Uno ha tanti strumenti a disposizione, tante possibilità, tante cose che aveva sognato, magari, che non credeva possibile di realizzare e che invece adesso può. Ma il rischio che si corre è il barocco, ossia l’accumulare effetti e voler stupire con effetti speciali, dimenticando l'asciuttezza del relato ben fatto, che, alla fine, adesso nell'ipertesto come prima nel testo normale, costituisce sempre la carta vincente. E, d'altra parte, convivere con tutto ciò è la condizione indispensabile per la trasformazione della narrativa semi-spazzatura in forma d'arte.”
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