Is there a mind in this mind?
can we really state that the electronic highways and the virtual culture, are just sophisticated systems in charge for the dissolution of our body and of the experience of reality?
can we really state that the electronic highways and the virtual culture, are just sophisticated systems in charge for the dissolution of our body and of the experience of reality?
Borderland: il nome di questa rubrica descrive piuttosto bene i miei gusti, mantiene alta l’ambiguità sui contenuti: c’è horror, ma non solo; c’è altro oltre all’horror, ma non necessariamente; e poi, cosa sia questo altro oltre non è chiaro a nessuno, il che è un modo come un altro per dire: Territori di confine: faccio quello che mi pare.
Muovendosi ai confini di un territorio di transito tra la linguistica l’antropologia, la critica letteraria, e «tanti aspetti della condizione umana» ─ un territorio questo già parzialmente esplorato da studiosi quali Milman Parry, Eric Havelock, Albert Lord, Marshall McLuhan ─ Ong si interroga soprattutto sui rapporti che intercorrono tra oralità e scrittura.
Riuscirà la narrativa ipertestuale, nata e cresciuta sul Web, a soppiantare il libro? E quali conseguenze avrà sui nostri processi cognitivi la rappresentazione del sapere in forma ipertestuale?
can we really state that the electronic highways and the virtual culture, are just sophisticated systems in charge for the dissolution of our body and of the experience of reality?
In dealing with multimediality and multimedial texts we are often struck by the fact that thick layers of meanings tend more and more to grow around words such as media, multimedia and multimedial communication. But the word Multi ─ more than one ─ does not really tell us much about the relations among the ‘things’ that are somehow joined together, or about those things themselves.
Riuscirà la narrativa ipertestuale, nata e cresciuta sul Web, a soppiantare il libro? E quali conseguenze avrà sui nostri processi cognitivi la rappresentazione del sapere in forma ipertestuale?
Lo compriamo, lo vestiamo con colori nuovi, lo coccoliamo, lo ricompriamo sempre più piccolo, sempre più multifunzionale, col maxi-display a colori e videocamera incorporata. Uno non ci basta, ne vogliamo due, tre: per il lavoro, per gli amici, per i pochi intimi. Ormai è talmente parte della nostra vita che soltanto una manciata di irriducibili riesce a farne a meno, e diventa quasi impossibile pensare a un mondo senza cellulari. Eppure, questa mania per il cellulare che, a ben vedere, ha quasi le forme dell’ossessione, è recente, recentissima. Non occorre andare troppo indietro nel tempo per ricordare un’epoca senza cellulari. Bastano dieci anni. A quei tempi lo squillo dei cellulari era un evento raro. Chi li possedeva era guardato con sospetto, fastidio quasi. Che ci faranno? Ci chiedevamo. Con chi parleranno? Che interesse avranno ad essere sempre rintracciabili?
In letteratura non è raro trovare un io-narrante che ci racconta la sua storia. Ma dietro quella voce narrante che dice “io” si nascondono insidie e problemi che rendono questa forma narrativa una delle più difficili e complesse da gestire. Chi narra veramente la storia che leggiamo? In quale tempo è stata scritta e a quale tempo si riferisce? E chi è il vero scrittore di una storia mai scritta?
By progressively extending their influence on a larger number of users, hypertexts, and, in general, a hypertextual logic not only will have a substantial role in reshaping the criteria through which information is created and exchanged, but will also dismantle the solidity of many paradigms now in use on the notions of text and textual analysis, and on the relationships between the authors and readers/users of multimedial documents.